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Le ambizioni egemoniche della Cina e l'Indo-Pacifico nuovo baricentro del mondo

Data ultimo aggiornamento: 08/02/2022

 

Approfondimento – Report analitici

La sezione raccoglie i report di BM&C Società Benefit che presentano nel dettaglio le situazioni di crisi che competono ai vari scenari.

E' arrivata la Cina


La crisi delle borse cinesi e l’allarme che questo movimento ha creato su tutte le principali piazze finanziarie sono la dimostrazione dell’affermazione del gigante asiatico come potenza mondiale. L’economica cinese ha ormai raggiunto una dimensione e un’importanza tale che non può essere più raccontata come un mero mercato di sbocco per le esportazioni dei paesi sviluppati. Dobbiamo abituarci all’idea che tutto quanto avverrà in Cina costituirà al pari delle vicende statunitensi, quelle dell’Eurozona o del Giappone, un potenziale elemento di instabilità globale. Il problema in chiave prospettica dipende dal fatto che le autorità cinesi, in questa estate 2015, non si sono mostrate all’altezza del compito che sono chiamate a svolgere. E questa inadeguatezza strutturale inevitabilmente produce un fattore di instabilità per i mercati finanziari con evidenti implicazioni di carattere sistemico. In ogni caso, non è nostro compito pronosticare quello che sarà l’andamento a breve di una grandezza, in questo caso il valore degli indici azionari delle borse cinesi. Scopo di questo documento è pertanto quello di ragionare sulle tendenze di fondo che consentono di interpretare quanto sta avvenendo. Solo in questo modo è possibile anticipare e governare le principali fonti di instabilità che influiscono sull’andamento dei portafogli e ridurre conseguentemente i rischi potenziali. (Documento chiuso 7 settembre 2015)
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Fabbriche di instabilità: il Pacifico è il nuovo baricentro del mondo. Le nuove vie della seta (Prima parte)


Iniziamo ad affrontare l’esame di una “fabbrica di instabilità” che si sta aggregando e allargando a partire dalle dinamiche che stanno maturando dentro la regione del Pacifico. Il Pacifico è il nuovo baricentro del mondo. Quello che chiamavamo il Far East, luogo “lontano” per definizione, interessante perché percorso da dinamiche di forte espansione economica che hanno contribuito a sostenere la crescita globale e quindi anche quella dei paesi sviluppati, si è oggi affermato come il principale ed autonomo nucleo di attrazione delle vicende economiche e politiche su scala globale. Dopo lo sviluppo delle cosiddette tigri asiatiche, che a partire dagli anni ’70-‘80 aveva proiettato le coste asiatiche del Pacifico nei circuiti economici globali, è stato solo con la crescita della Cina che il Pacifico è diventato il nuovo pivot dell'economia e della geopolitica mondiale. Il recente Forum sui progetti di nuove vie di comunicazione globale, che si è tenuto a Pechino nel mese di maggio, è l’occasione per riflettere sui cambiamenti in atto e sui rischi che queste vicende epocali evocano. Questo documento affronta le vicende legate alle cosiddette “nuove vie della seta” che collegheranno attraverso l’Asia la Cina all’Europa. (Prima parte) (Documento chiuso il 12 luglio 2017)
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Verso un mondo di dazi?


L’iniziativa della Amministrazione USA nel campo del commercio internazionale ha segnato i primi mesi del 2018. Timori e incertezze si sono ripercosse sulle piazze finanziarie provocando un vistoso ritracciamento degli indici. Molti operatori hanno bollato la nuova politica statunitense ricorrendo a giudizi frettolosi sull’operato della Presidenza ed esorcizzando al contempo i rischi di una guerra commerciale. Queste posizioni non fanno altro che contribuire a creare ulteriore volatilità spostando le valutazioni su un piano eminentemente emotivo. L’azione politica di Trump, così come la strategia negoziale individuata per perseguire i propri obiettivi, fanno parte di un ben delineato disegno di lungo periodo che, piaccia o non piaccia, caratterizzerà l’intero mandato repubblicano. Da qui la nostra convinzione di trovarci nel pieno di una fase di instabilità, che attraverso attenuazioni e picchi, è destinata a permanere a lungo. (Documento chiuso il 4 luglio 2018)
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Taiwan, tra Cina e Usa alla ricerca della libertà. L’anomalia taiwanese


In questi ultimi anni abbiamo assistito a un deciso spostamento delle attenzioni geopolitiche globali verso Oriente. Una delle aree al centro degli interessi strategici è l’isola di Taiwan, rivendicata dalla Cina come parte integrante del proprio territorio. L’Isola rappresenta una delle porte di accesso all’Oceano Pacifico e al South China Sea e di conseguenza costituisce un luogo strategicamente rilevante sia dal punto di vista commerciale che dal punto di vista militare.
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L’IndoPacifico, nuovo baricentro del Mondo. La strategia della “catena di isole”


Il baricentro del mondo si sta progressivamente spostando dall’Oceano Atlantico al Pacifico. L’emergere della potenza cinese e la crescita delle economie dell’Asia Orientale da una parte, e, sull’altra sponda dell’Oceano, degli stati della costa occidentale statunitense, hanno trasformato il Pacifico nell’area di maggior sviluppo economico mondiale. In realtà dal punto di vista geopolitico il nuovo orizzonte geografico comprende anche l’Oceano Indiano dove si affaccia l’altra grande potenza regionale: l’India . Inevitabilmente, quest’area di grande dinamismo, è al tempo stesso contenitore e incubatore di confronti destinati a produrre incertezza e rischi su scala globale.
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Taiwan, tra Cina e Usa alla ricerca della libertà Lo Stretto di Taiwan


In queste ultime settimane la tensione nel Pacifico è salita alle stelle in seguito all’annuncio di Nancy Pelosi, Speaker della Camera USA e seconda nella linea di successione presidenziale, di voler visitare l’isola di Taiwan nel corso del suo viaggio tra le isole del Pacifico. La Speaker, ovvero la terza carica politica più importante degli Stati Uniti, sarebbe il politico di più alto grado a visitare l’isola di Taiwan dal 1997 e ciò preoccupa non poco Pechino che ritiene che dietro il gesto della Pelosi vi sia la volontà di riconoscere, di fatto, l’indipendenza dell’Isola di Taiwan.
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I semiconduttori - La supply chain


Con un mercato valutato in 527.88 miliardi di dollari nel 2021 e una crescita costante del suo valore, che, si stima, supererà i mille miliardi di dollari nel 2028, l’industria dei semiconduttori si colloca ai primi posti tra i settori più importanti e in espansione del mercato globale. Nel 2019 i semiconduttori hanno occupato il quarto posto tra i prodotti più commerciati al mondo, dietro solo al greggio, al petrolio raffinato e al settore automobilistico. L’importanza di questi prodotti è data dal ruolo centrale che essi svolgono nel settore informatico e tecnologico. I semiconduttori, infatti, sono alla base del funzionamento dei diodi e dei transistor che, assemblati, costituiscono microprocessori e LED.
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Terre rare - Il monopolio cinese


In questo report concentreremo la nostra attenzione sulle terre rare, un gruppo di 17 elementi della tavola periodica aventi proprietà tali da renderle fondamentali nell’industria tecnologica, in quella militare e in quella energetica. Sono inoltre un mattone fondante dell’industria green. Troviamo, infatti, componenti derivati dalle terre rare negli impianti fotovoltaici, nelle batterie con cui si alimentano le auto elettriche, nelle turbine eoliche oltre che negli smartphone. L’estrazione e la successiva lavorazione di queste materie prime hanno luogo prevalentemente in Cina e questa concentrazione rende l’Europa e gli Stati Uniti dipendenti dalle esportazioni di un paese che ha dimostrato a più riprese di avere interessi contrastanti rispetto al blocco occidentale. Pensiamo ad esempio al progetto dell’Unione Europea di interrompere, entro il 2035 la produzione di auto a combustibile fossile. Questa decisione inevitabilmente determinerà l’aumento della domanda di auto elettriche e di conseguenza di batterie che utilizzano terre rare importate dalla Cina. Questa dipendenza eccessiva ci espone quindi al rischio di interruzione delle forniture e ai possibili ricatti di Pechino. Già in alcuni dei nostri precedenti report avevamo analizzato situazioni in cui le supply chain di un determinato prodotto sono talmente concentrate in uno o pochi paesi, che eventi avversi che si verificano in determinate aree del mondo, espongono i paesi sviluppati al rischio di rimanere privi di forniture. La guerra in Ucraina ha ad esempio messo a nudo l’eccessiva dipendenza europea dal gas russo; lo spettro di una guerra nello stretto di Taiwan invece mette a repentaglio la sicurezza degli approvvigionamenti di chip dal momento che gran parte della filiera di lavorazione di questi ultimi è situata nell’estremo oriente
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Decoupling Apple


Hanno fatto il giro del mondo le tristi immagini provenienti dallo stabilimento Foxconn di Zhengzhou in Cina, sottoposto a rigide misure di contenimento in seguito alla scoperta di diversi casi di Covid19 nella regione in cui ha sede. In quei fotogrammi possiamo vedere la disperazione dei dipendenti che, pur di sfuggire al lockdown, cercano di scavalcare le recinzioni che dividono l’impianto industriale dall’area circostante. Non essendo questa la sede adatta per analizzare la sofferenza di cittadini e lavoratori cinesi sottoposti alla politica di “Covid Zero” perseguita dal regime cinese, ci concentreremo invece sugli impatti economici che questa linea di condotta porta con sé. Lo stabilimento in esame è infatti il più importante centro di assemblaggio per Apple nel mondo e inevitabilmente, i fatti appena esposti, porteranno a ritardi nelle consegne e a tempi di attesa più lunghi per i nuovi iPhone, in un momento particolarmente propizio per le vendite di smartphone, ovvero quello in cui si avvicinano le festività natalizie.
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