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La Russia alla ricerca della zona di influenza

Data ultimo aggiornamento: 29/03/2022

Con la Cina, la Russia è la potenza che maggiormente ha approfittato della crisi sanitaria per aumentare la sua pressione sulle società aperte al fine di promuovere i propri interessi geostrategici. Se dal punto di vista economico, la Russia è un “nano” e rimane strettamente connessa alle esportazioni di petrolio e gas naturale, dal punto di vista militare può vantare lo status di potenza nucleare. E proprio sotto la minaccia di utilizzare le armi nucleari, la mattina del 24 febbraio 2022, Putin ha dato inizio a quella che lui stesso ha definito “operazione speciale per denazificare l’Ucraina” ma che in realtà ha fin dal principio assunto le connotazioni di una guerra totale finalizzata a sostituire il governo ucraino democraticamente eletto, con un regime amico. Alleato importante per il Cremlino è la Bielorussia che ha concesso a Mosca di stanziare le truppe sul proprio territorio e in questo modo circondare l’Ucraina e avvicinarsi a Kyiv. La propaganda del Cremlino ha continuato a ripetere che questa guerra è dovuta alla minaccia che la NATO espanda verso est i propri confini e l’intervento giustificato alla luce della necessità di difendere i cittadini russi e russofoni abitanti nel Donbas, da un presunto genocidio perpetrato dalle autorità di Kyiv. Al di là dei proclami propagandistici, la volontà reale di Mosca è quella di ricostituire una propria sfera di influenza, ispirata alle conquiste di Pietro il Grande sui territori dell’Ucraina e della Bielorussia. Un’altra chiave di lettura del conflitto è quella di vederlo come uno scontro tra le società chiuse e le società liberali. Infatti Putin, così come Xi, ritiene che le società chiuse si adattino meglio ai cambiamenti repentini del mondo e che siano dunque da preferire rispetto invece alle società aperte.Non è quindi un caso che Putin abbia scelto di attaccare l’Occidente in un momento in cui lo riteneva debole e oramai sull’orlo del declino. Mentre il conflitto si protrae con una strenue difesa delle forze armate ucraine e la Russia continua a essere colpita dalle sanzioni economiche, la NATO si mantiene come forza esterna al conflitto e si limita a inviare armamenti agli ucraini. Tuttavia lo scenario potrebbe radicalmente cambiare e precipitare qualora Putin decidesse di utilizzare armi chimiche o armi nucleari tattiche. In ogni caso il persistere della guerra sta producendo una forte destabilizzazione sulle economie e sui mercati finanziari.

 

Approfondimento – Report analitici

La sezione raccoglie i report di BM&C Società Benefit che presentano nel dettaglio le situazioni di crisi che competono ai vari scenari.

Russia vs Ucraina. Prima parte: Stretto di Kerch


Il potenziale di rischio insito nello scontro tra i paesi occidentali e la Russia si estende a una pluralità di ambiti e coinvolge molteplici aree geografiche. Va peraltro tenuto presente che la Russia ha dimostrato in passato di avere una chiara consapevolezza di quelli che sono le “linee rosse” non oltrepassabili oltre le quali ogni azione andrebbe in collisione direttamente con i propri interessi strategici. Per questo l’Ucraina è tornata ad essere un’emergenza. In questo caso la “linea rossa” è rappresentata dalla entrata dell’Ucraina nella Nato, che rappresenterebbe secondo Mosca una intollerabile ingerenza in un’area da sempre considerata di influenza nonché una minaccia militare troppo vicina ai propri confini. Le situazioni di alta tensione tra Ucraina e Russia sono molteplici a dimostrazione di un elevato potenziale di rischio. Infatti i diversi dossier aperti possono in ogni momento degenerare fornendo il casus belli per un intervento militare. Come detto, un evoluzione in questo senso avrebbe ripercussioni rilevanti sia sul piano geopolitico che economico (si pensi solo alle forniture del gas russo all’Europa che transitano attraverso l’ex paese dell’Unione Sovietica. Con questo primo dossier iniziamo a presentare in dettaglio i singoli punti di tensione (documento chiuso il 18 gennaio 2021)
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Nato e Russia, la situazione torna “fredda”. Seconda parte - Il gas naturale: da commodity a arma geopolitica


Uno dei rischi collegati all’escalation militare tra Russia, paesi Nato e paesi in orbita Nato, - tra tutti l’Ucraina - è rappresentato dalla continuità delle forniture all’Europa di gas naturale e ai relativi prezzi. In questo ultimi mesi infatti abbiamo assistito ad un forte aumento dei prezzi sul mercato e questo ha contribuito a alimentare l’inflazione aumentando la tensione tra i governi occidentali. tto questo si interseca inoltre con la vicenda politica del Nord Stream 2, un gasdotto ultimato nel 2021, del quale si discute l’entrata in funzione e che dovrebbe raddoppiare il Nord Steam 1 e di conseguenza le esportazioni di gas naturale dalla Russia alla Germania. Il progetto, come vedremo è fortemente avversato dagli Stati Uniti e da alcuni paesi europei poiché aumenterebbe la dipendenza del continente dal gas russo (documento chiuso il 26 gennaio 2022)
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Nato e Russia, la situazione torna “fredda”. Terza parte - Il Donbas


Nel percorso dentro la crisi ucraina una parte essenziale è giocata dalla vicenda del Donbas, l’area orientale del paese contesa tra il governo centrale e i separatisti filorussi. In queste regioni si sta trascinando dal 2014 un conflitto che ha già provocato circa 15 mila morti e che è stato più volte al centro di episodi, come quello dell’abbattimento dell’aereo di linea malese, che hanno rischiato di far degenerare la situazione. Malgrado i diversi tentativi europei di mediare tra le parti in causa, la situazione non ha fatto passi in avanti e la regione costituisce uno dei fattori di rischio principali che potrebbero innescare un a crisi più ampia, coinvolgendo l’Europa
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Nato e Russia, la situazione torna “fredda”. Quarta parte - Donbas, Putin alza la posta


La mossa di Putin ha concretizzato uno degli scenari peggiori che si potevano prefigurare monitorando la situazione relativa al deteriorarsi della situazione del “conflitto” con l’Ucraina. Il riconoscimento delle repubbliche secessioniste innalza ulteriormente il livello di incertezza, lasciando aperte tutte le opzioni, dal mantenimento di una pressione internazionale fino alla eventualità di un’invasione. Con questo report proponiamo anche una prima valutazione di quelle che potrebbero essere gli impatti di medio periodo sulle economie e sui mercati finanziari (documento chiuso il 23 febbraio)
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I punti caldi sul fonte orientale NATO


E’ difficile prevedere con precisione come evolverà il confronto che la Russia ha aperto con il mondo occidentale e in particolare con l’Europa. Rimane anche plausibile che, nel piano strategico, o meglio sarebbe dire, nei deliri della leadership di Putin, ci sia spazio per un’escalation che coinvolga i paesi dell’Europa orientale. Per questa ragione in questo rapporto ci soffermiamo su alcune aree di tensione attorno alle quali potrebbe concentrarsi l’azione destabilizzante, prima ancora che militare, del Cremlino. Scopo di questo documento è di portare l’attenzione di tutti sui contesti ad alta potenzialità di rischio. Ciò affinché sia chiara l’importanza di porre attenzione ai temi geopolitici attraverso un livello di approfondimento che non sia solo di facciata. È interessante notare, infine, come peraltro ripetutamente chiarito, che questi scenari si evolvono attraverso un intreccio di elementi immateriali e materiali nei quali la narrazione ripresa in chiave ideologica assume un ruolo fondamentale.
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Il Mare come nuovo scenario geopolitico Seconda parte: il Mar Nero


Osservando con attenzione quanto sta avvenendo in Ucraina, appare plausibile considerare che tra i principali obiettivi di Vladimir Putin vi sia quello di incrementare e consolidare il dominio russo nell’area del Mar Nero e del Mar d’Azov. Coerentemente con quanto affermato, si evince che gli sforzi dell’esercito russo, dopo il tentativo fallito di conquista dell’intera Ucraina, si sono concentrati nell’area del Donbas e, soprattutto, nel sud del paese. L’obiettivo esplicitato di questa seconda parte di “operazione speciale” è quello di creare una striscia di terra che colleghi il Donbas alla Transnistria, ovvero quello di conquistare l’intera costa ucraina. In realtà, le velleità di Putin sul Mar Nero, sono apparse chiare sin dal 2014 quando ha dichiarato l’annessione illegale della Crimea, privando di fatto l’Ucraina di più di metà delle sue coste e consolidando il proprio controllo sull’importante porto di Sebastopoli, oggi quartier generale della flotta russa nel Mar Nero. Ecco dunque che mentre le attenzioni del mondo sono rivolte a quanto sta avvenendo sulla terra, in questo report proveremo ad analizzare come in realtà anche il mare rappresenti uno scenario geopolitico essenziale per comprendere a pieno le ragioni e gli sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina. Il tema si ricollega, quindi, direttamente al nostro precedente report riferito al Diritto internazionale 1 dei mari (UNCLOS)
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Il Mare come nuovo scenario geopolitico Terza parte: le ambizioni turche nel Mar Mediterraneo


Nell’ultimo decennio, il Mar Mediterraneo è diventato centrale per gli interessi geopolitici dei paesi che vi si affacciano, diventando uno straordinario incubatore di nuovi rischi. L’interesse per il dominio del mare è cresciuto ulteriormente dopo la scoperta, nella zona orientale, di importanti giacimenti di gas naturale. Nel 2010 la US Geological Survey, ha pubblicato uno studio in cui stimava la presenza di quasi 10 trilioni di metri cubi di gas, 1 nell’area del Levante, situata nella parte più orientale del Mediterraneo e compresa tra il bacino israeliano e quello egiziano. E’ stata poi la scoperta del grande deposito offshore dell’Egitto, Zohr2, a spingere i paesi verso una vera e propria corsa alla ricerca e allo sfruttamento dei relativi spazi commerciali. Inevitabilmente questo ha creato conflitti e riportato alla luce tensioni mai risolte tra gli Stati, relative alla disposizione dei confini marittimi, in particolare tra Grecia, Cipro e Turchia.
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Gli effetti del conflitto tra Ucraina e Russia Il rischio di una crisi alimentare globale - Seconda parte


La guerra che la Russia ha mosso verso Kyiv, e dunque verso il Mondo Occidentale, si combatte su più livelli. Accanto infatti alle atrocità della guerra convenzionale, Mosca appare disposta a sfruttare ulteriori strumenti, definibili secondo le logiche della guerra ibrida, per fare pressione sui politici occidentali. Tra questi, oltre il gas, vi è il grano e appare plausibile che la Russia abbia scelto proprio di utilizzare questo cereale come arma per destabilizzare intere regioni del pianeta. Come abbiamo visto in un nostro precedente report, l’Ucraina è uno dei principali produttori ed esportatori di grano nel mondo e vi sono nazioni, quali l’Egitto, che dipendono in larga parte proprio dalle forniture di grano provenienti da questo paese. Non può essere casuale quindi la scelta del Cremlino di minare i porti che si affacciano sul Mar Nero ancora in mano ucraina, tra questi il principale è quello di Odessa.
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Gli effetti del conflitto tra Ucraina e Russia Il rischio di una crisi alimentare globale - Seconda parte


La guerra che la Russia ha mosso verso Kyiv, e dunque verso il Mondo Occidentale, si combatte su più livelli. Accanto infatti alle atrocità della guerra convenzionale, Mosca appare disposta a sfruttare ulteriori strumenti, definibili secondo le logiche della guerra ibrida, per fare pressione sui politici occidentali. Tra questi, oltre il gas, vi è il grano e appare plausibile che la Russia abbia scelto proprio di utilizzare questo cereale come arma per destabilizzare intere regioni del pianeta. Come abbiamo visto in un nostro precedente report, l’Ucraina è uno dei principali produttori ed esportatori di grano nel mondo e vi sono nazioni, quali l’Egitto, che dipendono in larga parte proprio dalle forniture di grano provenienti da questo paese. Non può essere casuale quindi la scelta del Cremlino di minare i porti che si affacciano sul Mar Nero ancora in mano ucraina, tra questi il principale è quello di Odessa.
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Gas naturale, quale futuro per l’Europa? - Prima parte


Mentre la guerra procede sul campo e Putin annuncia la mobilitazione di 300mila riservisti, il blocco occidentale e la Russia combattono sul fronte energetico. Il Cremlino ha annunciato la chiusura del Nord Stream 1 mettendo alle strette il continente europeo, fortemente dipendente dal gas naturale russo. In questo primo report e nel successivo analizzeremo le possibili alternative per l’Europa attraverso le quali affrancarsi dal gas russo. In particolare ci concentreremo sulla Norvegia, in questa prima parte e invece su Algeria, Azerbaigian e forniture di LNG nella successiva.
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Gas naturale, quale futuro per l’Europa? - Seconda parte


Dopo aver analizzato la disponibilità di gas della Norvegia, ci soffermeremo, in questo secondo report, su Algeria e Azerbaigian, paesi che a differenza del primo presentano alcuni aspetti critici in tema di rispetto delle regole democratiche sia a livello interno che nei rapporti internazionali e per questo risultano meno affidabili nel tempo nel garantire i flussi verso l’Europa. (La prima parte è stata inviata il 22 settembre).
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Lo Stretto di Kerch - Il ponte di Crimea


In uno dei nostri primi report, avevamo indicato l’area dello Stretto di Kerch, come un luogo dall’alta valenza strategica e simbolica. In particolare ci eravamo soffermati sull’importanza del Ponte di Crimea, inaugurato personalmente da Putin nel 2018. L’infrastruttura è stata concepita da Mosca come via principale per collegare la “madrepatria Russia” alla penisola di Crimea, occupata illegalmente da Mosca nel 2014. La costruzione del ponte ha assolto a molteplici scopi. In primo luogo, il ponte ha consentito alla Russia di assicurare ulteriormente la sua presa strategica sulla Crimea e di esercitare continue pressioni economiche e politiche sull'Ucraina. In secondo luogo dimostra che la Russia concepisce il diritto internazionale attraverso meri rapporti di forza e difatti, attraverso questa costruzione, ha imposto il proprio controllo sullo Stretto di Kerch, la porta del Mar d’Azov. In terzo luogo, questa imponente struttura simboleggia, nell’immaginario nazionale, la risurrezione della grandezza russa, e allo stesso tempo, è un monumento per l'uomo che, secondo la propaganda del Cremlino, l’ha resa possibile, ovvero Vladimir Putin. A tutto questo si aggiunge che il ponte è stata una importante infrastruttura per la logistica militare, dal momento che ha consentito il passaggio di carri armati, truppe e mezzi militari di vario genere. Bisogna infatti ricordare che è proprio dalla Crimea che è partito l’attacco diretto verso il Sud dell’Ucraina. Per le ragioni qui esposte, è utile riproporre la parte del nostro report con focus sullo Stretto di Kerch, aggiornato alla luce degli ultimi avvenimenti.
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Articoli 4 e 5 Trattato NATO


Alla luce di quanto accaduto la sera del 15 novembre, quando un missile di fabbricazione russa ha colpito il territorio polacco, riteniamo opportuno riprendere un nostro precedente report dedicato all’Articolo 5 del Trattato dell’Alleanza Atlantica, ovvero il casus foederis che, di fatto, impone a tutti i membri dell’alleanza di intervenire, non necessariamente con strumenti militari, nel caso in cui sia mosso un attacco verso uno di questi e integrarlo con una breve analisi dell’articolo 4.
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La Moldavia e la guerra ibrida di Mosca


La Moldavia, piccolo paese dell’Europa orientale, racchiuso tra Romania e Ucraina, senza sbocchi sul Mar Nero, vive una situazione politica e sociale piuttosto precaria, in bilico tra UE e Russia, e potrebbe essere attratta nella guerra che si sta svolgendo ai confini orientali. Per questo è necessario monitorare con attenzione l’evoluzione della situazione. E’ infatti plausibile ritenere che esista una strategia di Putin volta a destabilizzare il paese con l’obiettivo di riavvicinare l’ex repubblica socialista sovietica alla Russia.
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La situazione sul fronte orientale Gli sviluppi del conflitto ucraino , a undici mesi dall’inizio delle ostilità


A undici mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina, la situazione sul campo è in stallo. Le tensioni maggiori si registrano nei pressi di Bakhmut, città nel Donetsk Negli ultimi mesi, i russi hanno adottato la strategia del terrore, colpendo i civili e le infrastrutture energetiche critiche dell’Ucraina per sfiancare il morale della popolazione e costringerla alla resa. Al fine di scongiurare una nuova avanzata russa e riconquistare i territori persi, l’Occidente sta fornendo a Kiev aiuti sempre più sofisticati.
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